Santiago 13-27 Aprile 2008

E’ stato un viaggio meraviglioso, in luoghi di inaspettata bellezza, tra gente cordiale, con pellegrini provenienti da ogni parte del mondo, ne abbiamo incontrati provenienti da Equador, Corea, Giappone, Canada, Germania, Olanda, Finlandia, Francia e ovviamente anche dall’Italia.

Alloggiare negli ostelli, tra gente sconosciuta, dove il rispetto reciproco è assoluto, condividendo gli spazi in camerata, la cucina e ogni altro spazio a disposizione è stata un’esperienza unica che ricorda quella dei rifugi alpini, dove l’ambiente è spartano, l’acqua calda c’è ma solo per la doccia e il riscaldamento delle camerate, a volte, è solo un sogno, dove vigono orari ferrei; alle 22 tutti in ostello, chi c’è, c’è, e alle 8 del mattino tutti devono esser fuori.

Noi ci siamo sempre dati la sveglia piuttosto presto, alle 6:30 per essere pronti in bici prima delle 8 ma, alcuni pellegrini a piedi si alzavano molto prima e alle 7, ancora buio, si mettevano già in viaggio.

A parte la pioggia che ci ha un poco tormentato e la neve che abbiamo incontrato sui punti più alti del percorso, non abbiamo abbiamo avuto incidenti di alcun tipo, appena partiti, solo un momento in cui il pulmino sembrava volerci lasciare a piedi e che poi, fortunatamente, ha cambiato idea, e tre sole forature su un totale di oltre 4000 km percorsi.

Anche la convivenza del gruppo non ha avuto particolare problemi, solo qualche momento di vivace dicussione risoltasi in breve e nulla più; si sa che che quando le teste sono tante gli scontri, verbali, sono sempre possibili!

Gli 8 partecipanti

Paolo
Lorenzo
Gigi Re
Gigi
Marco
Lino
Paola
Andrea

Gli 800 km del cammino, giorno per giorno:

Domenica 13 – Da Rho a Pau, circa 1100 km, col nostro pulmino, in circa 15 ore circa di viaggio e pernottamento.

Lunedì 14 -In pulmino, da Pau a Saint Jean Pied de Port, giù le bici già con la pioggerella, timbro sulla Credenziale c/o l’Ufficio del Pellegrino, foto sotto la porta di ingresso alla città e via verso Roncisvalle lungo la strada, il percorso basso, poichè sul percorso alto c’era presenza consistente di neve ed era vivamente sconsigliato. Ci hanno detto che, negli ultimi 4 giorni nessuno lo aveva percorso. Lorenzo, vista la pioggia, rinuncia subito e sale sul pulmino con Lino e Andrea.

Allo scollinamento al passo di Ibaneta, a 1050 m, c’è pioggia mista a neve e temperatura di 2° C.

Discesa fredda e veloce verso Roncisvalle, dove ci aspettava il pulmino guidato da Lino o Lorenzo, spuntino veloce. Marco ha i piedi già bagnati e freddi, rinuncia e sale anch’egli sul pulmino. Un timbro ad un vicino bar, un pò di tepore vicino al camino, quattro chiacchiere con pellegrini provenienti da Monco di Baviera, e via di nuovo giù sulla strada per qualche km, sempre sotto la pioggia poi, imbocco del sentiero sterrato e fangoso, con molti saliscendi e punti ripidi con pietre da percorrere a piedi.

Arriviamo finalmente a Pamplona, siamo al cartello che indica la città, Paola buca l’anteriore, cambio veloce e via alla ricerca dell’Ostello. Gli altri sono arrivati da tempo e ci aspettano, noi li raggiungiamo alle 20:30 circa. Una doccia veloce e via a cena, ci aspetta una paella rivelatasi poi un’altra cosa, ben diversa. Di corsa indietro all’ostello perchè alle 22:00, puntuali, chiude e chi c’è, c’è.

Martedì 15 – Da Pamplona a Logroño. La tappa risulta essere da 115 km. Il pulmino lo guida Paolo, l’incontro è a Puente la Reina per lo spuntino di mezzogiorno. Mentre Paolo e Andrea sono fermi a Estella e approfittano di una fontanella per dare una sciacquata veloce alla bici, arriva una chiamata da Lino. Ha rotto la vite che unisce la sella al cannotto; fortunatamente sono vicini, a poche centinaia di metri; in pochi minuti lo raggiungono e caricano la bici. Per oggi l’avventura di Lino finisce Qui.

A Logroño l’ostello è appena entrati in città e seguendo le frecce e facile da raggiungere. Arriva prima Gigi Mazza e poi gli altri tutti insieme. L’addetto all’ostello è inflessibile, non vuole prenotare i posti per tutti e otto, ciascuno, in persona, deve presentare la propria credenziale altrimenti, niente.

L’ostello è confortevole ma affollato, c’è la cucina attrezzata e Gigi Mazza improvvisa un piatto di spaghetti aglio-olio- peperoncino e una bella bistecca con insalata.

Mercoledì 16 – Da Logroño a Burgos. Il pulmino è guidato da Gigi Re. A Burgos l’ostello è nel mezzo del Parco del Parral, inaccessibile al pulmino. Nonostante un avvicinamento sulle stradine del parco, si devono portare i bagagli per un centinaio di metri.

Giovedì 17 – Da Burgos avremmo dovuto arrivare a Leon ma, a Hontanas, dopo solo 35 km con tratti di pantano infernale, con la creta che si attacca alle ruote e le blocca dopo pochi metri, è già passato mezzogiorno, quindi, dopo aver pulito le bici alla fontana e fatto uno spuntino, vista l’ora tarda, decidiamo di proseguire in pulmino fino a Leon ma poi preferiamo fare una breve sosta ed uscire dalla grande città per fermarci più avanti. Troviamo un ostello che avrebbe dovuto essere riscaldato, ma non lo era, a San Martin del Camino, lungo la strada nazionale a 30 km circa da Leon. Sono gentili e ci consentono l’uso della canna dell’acqua per lavare bene le bici. Ceniamo in ostello con 8 euro a testa ci facciamo una bella cena, prosciutto crudo e poi pollo e patatine, vino caffè e “agua ardiente”. Nonostante tutto non abbiamo avuto nessun problema di digestione e la notte è trascorsa tranquilla.

Venerdì 18 – Da San Martin del Camino a Ponferrada. Partiamo di buon’ora, prima delle 8, dopo una abbondante colazione all’ostello.

Gli abiti e le scarpe sono ancora bagnati dal giorno prima, ma non fa nulla, ormai ci siamo abituati. Si parte in discesa poi, poco dopo, imbocchiamo lo sterrato, come sempre infangato e continuamente in saliscendi. Arriviamo ad Astorga, incontriamo Marco, Andrea, Paola e Lino col pulmino, proprio a lato della cattedrale, inizia a piovere forte e inizia a fare molto freddo, un signore ci dice che alla Cruz de Hierro ci sono 40 cm di neve e forse la strada non è transitabile. Ci guardiamo in faccia e rapidamente optiamo per mettere, tutti quanti, le bici sul pulmino. Dopo aver fatto provviste, proseguiamo verso la Cruz de Hierro, cerchiamo invano un posto al riparo dal vento e alla fine chiediamo ad un bar ristorante di un piccolo paesino di poter entrare, consumare le nostre provviste e acquistare viceversa le bevande.

Gentilmente ce lo concede, il locale è confortevole riscaldato, ne approfittiamo anche per assaggiare il prosciutto crudo e la pancetta locali. All’uscita il tempo sembra cambiato verso il bello o semplicemente meno brutto; io, Gigi Re, Gigi Mazza e Lorenzo, ritiriamo giù le bici e ripartiamo, seguendo la strada asfaltata saliamo alla Cruz de Hierro, a 1530 metri sul mare, il punto più alto di tutto il percorso. Da una certa quota si iniziano a trovare sulla strada consistenti tracce di neve e man mano che si sale aumenta. ll cumulo di pietre che regge la Cruz de Hierro è parzialmente coperto e circondato dalla neve, una foto davanti alla Cruz, a ricordare l’avvenimento, è doverosa.

La discesa verso Ponferrada è panoramica e veloce, nel tratto finale ci coglie un forte acquazzone, arriviamo a Ponferrada bagnati fradici.

L’ostello, fortunatamente, è appena entrati in città, uno dei migliori trovati lungo il percorso, accogliente e riscaldato con la cucina a disposizione. Marco si cimenta in un bel piatto di pasta all’amatriciana con la pancetta, affumicata e anche un poco rancida, presa all’ostello di San Martin del Camino ma,nonostante gli ingredienti di scarsa qualità il risultato è stato accettabile.

Alle 19:30 il priore, a capo dell’ostello, ci ha illustrato, in una miscela di lingue, spagnolo, francese e inglese, con successione di vocaboli assolutamente casuale, i dipinti della cappella attigua e, alla fine, insieme in circolo, al centro della cappella, un momento di preghiera.

Sabato 19 – Avrebbe dovuto essere da Ponferrada a Sarria ma per motivi che seguono, ci siamo fermati a Tricastela.

La guida del pulmino è affidata a Paola, i passeggeri sono Lino e Andrea. Di notte ha piovuto, partiamo come al solito col cielo nero e sui monti vicini si vede la neve fresca caduta nella notte; la temperatura è attorno a 7° C. I primi km li percorriamo sull’asfalto poi si alternano tratti su sterrato e tratti di fondo duro adiacenti alla strada, separati da un muretto di jersey. Dopo oltre 40 km, stando sempre sulla strada, inizia la salita al tanto temuto O Cebreiro, descritta ovunque come lunga e con pendenze ostili. In bici sono: Paolo, i 2 Gigi, Lorenzo e Marco. Fino a Pedrafita do Cebreiro nessun particolare problema; il pulmino ci ha appena superati e ci aspetta su, arrivano Paolo e Gigi Mazza per primi, e immortalano l’attimo, Gigi Re e Marco sono insieme un poco staccati e dietro ancora c’è Lorenzo che è attardato perchè al precedente incontro col pulmino si è fermato per cambiare le scarpe, rimettendo quello che erano nel cofano motore ad asciugare. Paolo e Gigi Mazza, per non raffreddarsi ulteriormente, si avviamo verso la vetta di O’ Cebreiro pedalando tra la pioggia gelida, la temperatura scende sempre più, siamo a 3-4 gradi e il vento soffia contrario. C’è un tratto di discesa prima di risalire all’Alto de San Roque e poi ancora discesa prima di salire all’Alto de Pojo, ultima vetta prima della discesa finale. Giù dall’Alto San Roque, Gigi lancia un urlo mentre Paolo si accinge ad affrontare un breve tratto di salita, torna indietro, Gigi dice di non farcela più per il freddo, entrano in un negozio-bar per riscaldarci un pò ma scoprono amaramente che il locale non è minimamente riscaldato. Non resta che bere almeno un bel thè bollente. Si stanno sbattendo le mani per riscaldarle un pò, la signora, mossa a compassione, offre loro un paio di guanti di lattice da mettere sotto ai loro, ormai inzuppati e freddi. Nel frattempo guardano dalla finestra per vedere se passa il pulmino o qualcuno dei nostri ma non si vede nessuno. Ci fosse stato il pulmino sarebbero saliti più che volentieri. Ripartono per l’Alto de Pojo, dopo poche centinaia di metri e a Paolo squilla il telefono, è Gigi Re che è fermo alla chiesetta di O’ Cebreiro, Paolo e Gigi non l’hanno neppure vista, hanno visto dei segni verso sinistra ma hanno preferito stare sulla strada, Gigi Re pensava di avere Marco alle spalle ed invece no, Marco non c’èra. E’ solo, sotto la pioggia e la neve, e chiede di rintracciare il pulmino perchè torni a prenderlo. Paolo chiama Paola, a Pedrafita invece di svoltare a sinistra il pulmino è andato diritto, verso Becerrea, spiega l’accaduto e dice loro di metterrsi in contatto diretto con Gigi perchè spieghi bene dove si trova in quel momento. Fanno dietro front, risalgono, seguono la strada per O’ Cebreiro e ritrovano Gigi. Di Marco ancora nessuna traccia; lui non ha il telefono e non è possibile sapere dove si trova, aspettano che si faccia vivo lui e sperano che non sia successo nulla di grave. Nel frattempo, Paolo e Gigi hanno proseguito ancora un pò, entrano in un bar a Hospital de la Condesa, è anche questo senza riscaldamento ma un pò più caldo del precedente, bevono un altro tè caldo con una tortina e poi fuori ancora sotto la pioggia insistente. All’Alto de Pojo, lasciano le bici ben in vista, sotto la neve, ed entrano in un locale finalmente riscaldato; un bel camino acceso per scaldarsi un pò e magari anche asciugarsi. Ordininano un tè e poi decidono di fermarci a pranzare, è mezzogiorno passato e la fame si fa sentire. Squilla di nuovo il telefono, è Lorenzo che chiede che fine hanno fatto tutti quanti, è sceso anch’egli verso Becerrea e si trova sotta la pioggia in mezzo alle montagne. Paolo chiede alla signora del bar se da Becerrea si può raggiungere Sarria. Gli conferma che la strada c’è e che Sarria è a 30 Km. Dice a Lorenzo di proseguire e di fermarsi a Sarria da qualche parte e di segnalare poi il luogo. Appena conclusa la conversazione con Lorenzo ecco spuntare la sagoma del pulmino, finalmente ci sono quasi tutti, manca ancora Marco. Anzichè pranzare, optiamo per una bella scodella di minestrone caldo e poi, messe le bici su, naturalmente sotto una bella pioggia fredda, torniamo indietro alla ricerca di Marco e Lorenzo. Arriviamo a Becerrea, seguiamo la strada per Sarria, sale ancora poi scende e di nuovo sale, costeggia la montagna, per chilometri non si vede una casa nè anima viva. Lorenzo chiama, è arrivato quasi a Sarria ha visto un bar e si è infilato immediatamente lasciando la bici fuori, in bella vista. Pochi minuti e lo raggiungiamo; il barista è un simpatico ometto che si fa in mille per servire un bel bicchiere di vino Rioja e delle “empanade”, uno stuzzichino caratteristico. Ripartiamo tutti insieme per raggiungere l’ostello a Sarria, dove speriamo di ritovare Marco ma, pochi minuti dopo arriva una chiamata ad Andrea, suo figlio, è una sua zia che informa che Marco è sano e salvo e ci aspetta all’ostello Oribio di Tricastela, a 13 km scendendo dall’Alto de Pojo. Finalmente! Eravamo un tantino in pensiero anche se, dovevamo nasconderlo ad Andrea per non preoccuparlo più del dovuto. Risaliamo da Sarria a Tricastela, l’ostello è proprio sulla strada e lo trovaiamo subito. Marco intanto era al caldo e ha prenotato i posti per tutti quanti. E’ piccolo ma confortevole e riscaldato, c’è la cucina, la lavatrice e l’asciugatrice. Decidiamo di approfittarne per far lavare ed asciugare un po’ di indumenti; con 10 euro, al mattino abbiamo trovato tutto lavato e asciutto. A cena ci mangiamo i panini che non sono stati consumati a mezzogiorno.

Domenica 20 – Da Tricastela a Melide. Partiamo verso le 8, alla guida del pulmino c’è Marco con Lino e Andrea. Siamo a 650 metri, si inizia in discesa per poi salire di nuovo ai 780 di San Xil per poi scendere ancora ai 500 di Samos e di nuovo su all’Alto de Riocabo, a 896 metri. Passiamo Sarria e sempre su sterrato.arriviamo a Melide ancora sotto lapioggia. L’ostello però è caldo e con numerosi elementi riscaldanti, elettrici, che copriamo letteralmente con tutto ciò che è bagnato.

Marco, che è arrivato molto prima, ha prenotato in un ristorante poco lontano, il famoso “pulpo gallego”, il polpo alla galiziana, un piatto semplice, in apparenza, ma difficile da preparare, particolarmente per rendere la carne del polipo tenera come si conviene, il polipo è tagliato a pezzettini e spolverato con peperoncino dolce. Il locale, da “Ezechiele”, suggerito dalla custode dell’ostello, era lo stesso indicato sulla guida che avevamo con noi.

Lunedì 21 – Da Melide a Santiago. Guida il pulmino, Lorenzo. Arriviamo a Santiago verso le 14:30. Ce l’abbiamo fatta! Ci abbracciamo congratulandoci a vicenda. Paola è così contenta e commossa che non riesce a trattenere le lacrime.

Cerchiamo l’Ufficio del Pellegrino per far timbrare le credenziali. Prima di apporre il timbro dobbiamo compilare un questionario che ci chiede da dove veniamo, da dove siamo pertiti, quando, con che mezzo abbiamo fatto il cammino, l’età, il motivo per cui siamo venuti ecc. Nel frattempo ha ripreso piovere, andiamo al pulmino, carichiamo le bici e cerchiamo un posticino per mangiar qualcosa al caldo. Lo troviamo a pochi passi e ben caldo. Alloggiamo presso un collegio, il “Semenario Menor”, posto su una collina affacciata su Santiago. Ci sono grandi e lunghe camerate, con i termosifoni, spenti, qualche pellegrino è già arrivato e dorme nel proprio sacco a pelo, per rispetto, non dobbiamo far rumore. In un’oretta abbiamo sistemato tutto e ci siamo fatti una bella doccia. Ci dirigiamo, a piedi, verso il centro. Marco torna indietro un attimo per prendere qualcosa dai bagagli, nessuno di noi se ne accorge se non, dopo parecchi minuti, quando arriviamo in città. Lo aspettiamo, lo cerchiamo, lo chiamiamo a squarciagola ma, niente, di Marco nessuna traccia, ci auguriamo di ritrovarlo nel santuario di Santiago. In realtà non lo troveremo e sapremo poi che, non trovandoci, era tornato, tranquillo, in camerata. Dopo una vista al Santuario e alla città, incontriamo un amico sudamericano che avevamo incontrato a Burgos e tutti insieme entriamo a cenare il un caratteristico locale, con tanti prosciutti crudi appesi sopra il bancone.

Martedì 22 – La mattinata a Santiago per assistere alla Santa Messa del Pellegrino alle 12 e al rito della incensazione col caratteristico “botafumeiro”. Il Santuario era gremito di gente, ritroviamo anche un pellegrino italiano, di Ravenna che abbiamo incontrato due giorni prima in un bar, in occasione di una foratura di Lorenzo. C’era chi, come noi, era in abiti normali e chi invece aera arrivato da poco ed aveva ancora gli scarponi e lo zaino appresso. Alla fine della Messa, cantata acompagnata nei canti da un tenore solista, il caratteristico rito della incensazione con “botafumeiro”.

Se siete curiosi, leggete la storia di questo grande incensiere e le parole dell’ “Himno Oficial al Apóstol Santiago” che viene cantato solo durante questo rituale. Ascolta il canto (3,4 Mb – mp3). Finita la funzione, riprendiamo il pulmino e ci dirigiamo verso Noia, una cittadina che sorge alla foce del Rio San Xusto, e troviamo alloggiamento in bella casa rurale.

Alla sera, per cenare, troviamo un ristorante che si ispira, ha un menu a prezzo fisso di 9 Euro, entriamo e ci servono una ottima e abbondantissima cena con carne e pesce a volontà. Nel locale c’eravamo solo noi, nessun altro è entrato in tutta le serata. Ci aspettavamo un conto un tantino diverso da quanto annunciato ed invece, con grande sorpresa, 9 Euro a testa, comprese le bevande e il caffè. Un esempio di grande correttezza.

Mercoledì 23 – Da Noia a Capo Fisterra, sull’Oceano Atlantico, dove un tempo si pensava che la terra finisse.

Come al solito, sveglia alle 7:30, e via. Il conto l’avevamo già pagato la sera prima, la colazione, per problemi di orari loro, non era compresa. Non è caldo ma nemmeno freddo, il cielo, come da previsioni meteo, sembra promettere una giornata di sole

Sul pulmino ci sono Lino, che non si sentiva abbastanza in forma per andare in bici, e Andrea.

Effettivamente il sole lo abbiamo visto, anche se a tratti offuscato, il panorama della costa molto suggestivo, la strada con poco traffico e nessun altro ciclista oltre a noi. Senza tanta fatica, sull’asfalto è tutta un’altra cosa, con parecchie soste lampo per scattare le foto, arriviamo al faro di Capo Fisterra verso le 13:30. Ultima foto esultanti e via per uno spuntino più che spartano via in pulmino, vestiti ancora da ciclisti.

Avremmo voluto arrivarea Burgos ma la strada tortuosa fino La Coruña, ci fa perdere tempo così, è pomeriggio tardi e optiamo per fermarci ad Astorga, in un Ostello che era stato adocchiato da Marco nella sosta durante l’andata.

Troviamo grande difficoltà a raggiungere l’ostello, nessuno sa che strada indicarci. Finalmente, troviamo un signore gentile che, dopo aver cercato di spiegarci il percorso, si rende conto della complessità, visti i lavori in corso nella zona, sale con noi e ci porta, anch’egli con qualche problema, facendoci percorrere dei brevi tratti contromano, davanti all’ostello. Sono circa le 18:30.

Giovedì 24 – Da Astorga a Tarbes, a 17 km da Lourdes.

Lasciare Astorga, viceversa, è stato facilissimo, in un attimo abbiamo imboccato l’autostrada e via. Tra continui saliscendi e tratti in altopiano, con un bel sole proprio ora che avrebbe anche potuto piovere, raggiungiamo nel tardo pomeriggio l’hotel a Tarbes. Siamo in tempo per assistere alla processione serale coi “flambeaux”, ci rechiamo in Lourdes, distante 10 km circa, troviamo un locale per una cena veloce e via verso la grotta. All’interno del recinto si sta già raccogliendo la gente per partecipare alla processione, alla grotta non c’è molta ressa, è il momento buono per fare la nostra visita e restare qualche minuto in raccoglimento davti allo sguardo della Madonna.

Nel frattempo si è fatto buio, la processione è iniziata e sfila dal fondo della “esplanade” verso il piazzale antistante la basilica, gli ammalati vengono sistemati ordinatamente davanti, la cerimonia si svolge con canti in diverse lingue e si conclude con la benedizione dei fedeli. E’ una distesa di luci che brillano nell’oscurità, ai lati della basilica, sulle rampe la gente è accalcata sia per partecipare da lontano alla funzione sia per ammirare lo spettacolo di fede che ogni sera si puntualmente si ripete.

Venerdì 25 – Viaggio di ritorno da Lourdes a Rho.

Mentre all’andata era una discussione ininterrotta su cosa ci attendeva e come avremmo dovuto fare nelle diverse situazioni, ora, al ritorno, il silenzio è tombale. L’entusiasmo dell’andata ha lasciato il posto alla consapevolezza che l’avventura sta volgendo al termine. Al tramonto, ci fermiamo all’Autogrill di Arenzano per l’ultimo spuntino, consumando le ultime provviste rimaste intavolando gli ultimi discorsi su quanto avevamo fatto e sopratutto su cosa avremmo potuto mettere in campo per l’anno a seguire. Arriviamo verso le 22:30, tutti sani, salvi e soddisfatti.

Nel complesso, non abbiamo trovato un gran bel tempo ma, forse è stato meglio così, ci siamo sobbarcati la nostra parte di penitenza come si conviene a dei veri pellegrini.

Paolo Belloni